Volta la carta

LA CULTURA DEL SETTORE GIOVANILE

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C’è una cosa che si chiama Cultura del Settore Giovanile, ed è una cosa che si ha o non si ha.
Certo, la si può acquisire nel tempo, ma va coltivata con amore, come si fa con una piantina fragile da fortificare, senza pretendere che interruttori magici o concimi prodigiosi possano far miracoli. Se manca il seme buono non se ne fa nulla, garantito.
Ma di che parliamo? La Cultura del Settore Giovanile è sentire il Settore Giovanile come un qualcosa di centrale nel proprio progetto societario, un qualcosa da cui non si prescinde, un chiodo fisso; di quelli che però non fanno male, ma che anzi creano piacere al solo pensarci e fanno da volano per costruirci attorno tutto il resto.
Insomma, bisogna crederci ed essere profondamente convinti che lavorare con i giovani significa lavorare per i giovani, mettendo i cuccioli d’uomo al centro dell’operare quotidiano. Non basta però un progettino triennale o giù di lì. Ci vogliono anni ed anni, perché per diventare grandi occorre tempo: è Madre Natura che dice così.
La bandiera a scacchi del traguardo è il ragazzo a posto, quello che ha vissuto lo sport nel modo giusto, ricevendo aspettative e non illusioni; e che anche tramite lo sport si è formato cittadino vero, serio e consapevole, di successo, in qualsiasi campo egli andrà a cimentarsi. Dove successo però non significa essere per forza il primo, bensì star bene con sé stessi e quel che si vive giornalmente.
Scatta l’obiezione: vabbè, questo significa fare calcio sociale, roba da oratorio, senza ambizioni di qualità e di selezione in valori tecnici!
Nulla di più sbagliato! Non è vero! Chi ha detto che la strada della qualità e dei risultati tecnico-sportivi non possa andare a braccetto con quella del rispetto dei valori che abbiamo appena enunciato? Fare il calciatore non è forse uno dei campi in cui quel cittadino di cui sopra può avere successo?
Non si può condurre con qualità, moralità e valori ineccepibili una società che fa una feroce selezione tecnica, con strutture all’avanguardia e pure con limpidi ritorni economici, formando calciatori che poi trovano costante sbocco nel calcio di alto livello? Certamente sì, certo che si può! Non bisogna mica essere solo un oratorio di periferia con un campetto scassato per avere quel tipo di patente!
Ma entrambe queste realtà possono avere (o non avere) Cultura del Settore Giovanile. Così come non è assolutamente scontato che questa qualità ci sia per forza in un Club professionistico, solo perché è - appunto - professionistico.
Insomma, la Cultura del Settore Giovanile può essere trasversale: solo i moralisti ad oltranza con i paraocchi possono farsi fuorviare o - peggio - scandalizzare da sciocche esteriorità.

Io sono fortunato. Oltre che per tutto il resto, anche perché posso lavorare e far calcio in una Società che ha una forte Cultura del Settore Giovanile.
L’ A.S.D. San Luigi Trieste ha un bel concentrato di tutto quello che ho detto finora. Non è la migliore Società del mondo né ha alcuna pretesa di infallibilità - per carità - ma in mezzo ai suoi parecchi difetti ha i giovani calciatori sempre nei pensieri di tutti: dal Consiglio Direttivo al magazziniere, dal Presidente agli addetti ai bar passando per i Direttori, dall’economo ai custodi dei campi passando per i Tecnici ed i Dirigenti accompagnatori.
E allora si capisce bene che un Direttore Tecnico della Scuola Calcio non può che divertirsi un mondo in un luna-park del genere: io infatti ci sto proprio bene.
Il 31 agosto scorso il Comitato Regionale F.I.G.C.-LND del Friuli Venezia Giulia ha organizzato la cerimonia di premiazione delle Società della regione in riferimento alla stagione scorsa 2014-2015: il San Luigi ha vinto ben quattro Coppe Disciplina, neppure le prime, le ennesime.
Vincere una Coppa Disciplina è magnifico, è il sogno di tanti: se poi riesci addirittura ad assuefartene la faccenda ti toglie addirittura le parole.
Ma vincere una Coppa Disciplina è anche qualcosa che si presta all’ipocrisia del pazzo mondo del calcio in cui viviamo. Una frase che ho sentito spesso è: “Sì, bravi loro, complimenti: ma io preferisco vincere il campionato, piuttosto!”
Alla replica: “Ma scusa, guarda che si può fare sia questo che quello” la controreplica è: “Beh, non è facile, sai, perché …” E giù tutta una serie di giustificazioni: talvolta ragionevoli, talvolta banali, spesso discutibili, spessissimo - ahimè - risibili.
Il San Luigi manda in campo ogni fine settimana esattamente 20 squadre, dalla Prima Squadra in Promozione ai Piccoli Amici nati nel 2010.
Lo staff tecnico è composto da circa 50 persone, coadiuvate da quasi altrettanti dirigenti, 5 Direttori Responsabili e vari addetti alle strutture, alla segreteria, all’economato, al magazzino, ai trasporti, ai bar, alle relazioni con i media eccetera.
Il Presidente è una figura storica del calcio triestino e regionale, di quelle che se non ci fossero bisognerebbe inventarle: Ezio Peruzzo - questo il suo nome - è in tuta da lavoro a saldare la traversa di una porta alle 9, a colloquio con l’assessore comunale alle 11 passando per il negozio a comprare il caffè per il bar della Società, poi va dagli amati nipotini. Il pomeriggio viene in campo a fianco di Direttori e Tecnici a vedere, puntualizzare, criticare o elogiare. Un veloce aiuto nella sistemazione di uno scatolone del magazzino, la spillatura di una birra al bar se c’è tanta gente e poi la sera riunione per dettare e ribadire le linee di condotta su questo o quel tema. Tutto sempre con l’autorevolezza di chi in decenni di presidenza e di calcio ha imparato quasi tutto quel che c’è da sapere, con la fermezza e la capacità di delegare proprie dei managers di razza, ma allo stesso tempo con l’amabile chiacchiera con un dirigente e la carezza sulla testolina di un qualsiasi bimbo di otto anni in campo: tanto li conosce tutti, e sono più di 300 i tesserati.
Voli pindarici fuori posto non vengono neppure in mente a nessuno, però a nessuno manca nulla, perché a nessuno deve mancare nulla: il bomber della Prima Squadra trova i suoi indumenti di allenamento già lavati, così come il pallone che si rompe ai Piccoli Amici viene sostituito in tempo reale. Se c’è un dubbio interpretativo su un regolamento ecco che una delle tre persone in segreteria avrà di certo la risposta adatta in pochi minuti, così come se c’è una puntualizzazione o dubbio tecnico il Direttore competente sarà a fianco dell’istruttore per discuterne, oggi stesso.
Se un genitore ha voglia di colloquiare con un Direttore basta che si annoti su un calendario di appuntamenti sempre esposto, scegliendo quando più gli è comodo.
Se un qualsiasi Pulcino ha preso una botta, in pochi passi si va all’ambulatorio medico, unico per tutti, dove il fisioterapista o il dottore ti ricevono con un ordine di accettazione che non è in funzione del rango, ma solo del buon senso. Se il senso comune lo consiglia, il bomber della Prima Squadra attende in buon ordine che venga messo il cerotto al Pulcino, e nessuno apre bocca, perché nessuno si sente di aprire bocca.
Però se un giocatore si scorda anche solo un pezzo della divisa di rappresentanza va in tribuna e non gioca, chiunque egli sia. Il genitore, dopo essere stato abbondantemente informato di tutto, non può accampare pretese di interferenza alcuna sulle parti tecniche e gestionali. I tecnici ed i dirigenti devono rigare diritto, sulle basi a loro imposte dai dettami societari, senza possibilità di deroghe che non siano minime.
Il San Luigi non può di certo lamentarsi quanto a risultati sportivi, che sono di assoluto vertice nel panorama regionale giovanile: tutte le squadre in campionati regionali, gironi di elite raggiunti sistematicamente ogni anno, tante soddisfazioni a vari livelli, culminate con il titolo italiano Juniores nel 2004 ed il titolo regionale Giovanissimi l’anno scorso. E poi ogni anno più di un ragazzo ceduto a vario titolo a Club professionistici (tre solo nella stagione 2014-2015), con la perla del riconoscimento ufficiale di Centro di Formazione Scuola Calcio Juventus a partire dalla stagione in corso.
La Prima Squadra viaggia da anni fra Eccellenza e Promozione con la linfa primaria che arriva dal Settore Giovanile, ma che lascia agli adulti i giovani di non primissima fascia, perché gli altri già se ne sono andati ai professionisti ben prima: ci sono stati anni in Eccellenza, alcuni anni fa, in cui l’80% della rosa era composta dai nostri ragazzi, proprio quando si sfiorò la Serie D.
Insomma, un ambiente senza difetti, verrebbe da dire! Non è vero, ce ne sono tanti invece. Diciamo però che la base di partenza sta ad un certo livello, si inizia a parlarne da quello step in poi. Dire cose diverse sarebbe non dire il vero, ammantandosi di una modestia ingiustificata, inopportuna.
E poi ci sono - appunto - le Coppe Disciplina, le ultime quattro della serie.
Il loro background è il San Luigi tutto, tutto intero: quello che desidera vincere (e spesso ci riesce), ma anche quello che sa lasciar fuori il ragazzo indisciplinato per cercare di trasmettere un messaggio; quello che risparmia i duecento Euro perché “tanto lo aggiusta il Presidente” e che con quei denari si dota - che ne so - di un qualcosa in più per i ragazzi. Ma anche quello che si fa sentire in tribuna durante le partite per far tacere chi contesta un arbitro (è questo un altro degli interessanti vezzi di Peruzzo). Ed anche quello che bada alle economie incassando alla luce del sole e meritatamente qualcosa dalle cessioni dei suoi ragazzi più bravi.
Poi c’è quella goccia di indescrivibile, di empirico: quello che se Tizio e Caio fanno le stesse cose, guarda caso poi vince sempre Tizio e quasi mai Caio. Quel non so che, quella sensazione, quel che non sai spiegare a parole. Quello che in una partita si chiamerebbe esperienza, oppure tradizione, oppure abitudine; e che qui invece potrebbe chiamarsi genoma. Sei fatto così, ed in un arco temporale lungo non ci sono più alibi o fortuna che tengano.
C’è legame fra la Cultura del Settore Giovanile e le Coppe Disciplina che si vincono? Credo di sì, credo ci sia davvero, in fondo.
Recentemente ho chiesto al Presidente Peruzzo: “Pres, ma quante Coppe Disciplina ha vinto il San Luigi nella sua storia?” “Non lo so - Marco - contale, sono esposte qui in giro, ma ce ne sono anche altre altrove, non ricordo bene” - mi ha risposto. Che piacevole routine!


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