Volta la carta

MIEI CARI ISTRUTTORI...

book is on the tableMiei cari istruttori, allenatori, tecnici, educatori, preparatori, coordinatori, motivatori o comunque preferiate essere definiti, qualche argomento leggero, quasi estivo, ogni tanto ci vuole; lo spunto me l’ha suggerito una chiacchierata con un genitore di un bambino in età da esordienti.

L’oggetto era la lettera di presentazione inviata dal nuovo istruttore del figlio che, firmandosi come “coach”, è partito con il piede sbagliato: da dirigente ho sempre prestato attenzione al rapporto che avete con gli atleti e le loro famiglie e, come è nelle mie regole, non entro negli argomenti delle vostre magie tra “coni e cinesini”, ma per favore, cercate di evitare di comunicare con le famiglie dei nostri tesserati, firmandovi come “coach” o altre trovate.

Sono immune da ogni contaminazione nazionalistica, le tradizioni della mia famiglia e della mia città mi hanno da sempre fatto sentire cittadino quantomeno europeo e sono aperto alla cultura, da dovunque essa arrivi, ma Mario Brambilla-coach o Carmelo Gargiulo-coach ha davvero il sapore patetico delle commedie brillanti all’italiana degli anni ’50 con Alberto Sordi: non c’è davvero bisogno di paludarsi, inventando ruoli dai nomi esotici, la percezione, anche inconscia, di chi si trova davanti a tali appellativi è di una barriera, un piedistallo, costruito per supplire alla carenza di qualcosa di più importante.
Siete un prodotto della bassa padana, delle valli bresciane, del Carso triestino o di una delle città dove io sono nato o vissuto?
Bene, posso vedere con simpatia che conserviate il vezzo di farvi chiamare “mister”, si tratta di un’antica forma di cortesia, a volte autoironica, un gioco di forma in un rapporto confidenziale, lasciate però perdere quei titoli come coach, co-trainer, assistant-trainer o i-trainer - un prodotto della Apple? - e siate quindi, di nome e di fatto, istruttori, allenatori, tecnici, educatori, preparatori, coordinatori, motivatori, assistenti… e tutto quanto vi può suggerire la vostra feconda fantasia, tenendo sempre presente che vi abbiamo affidato non un team, ma una squadra, un gruppo che è formato non da players, ma da giocatori, atleti.
Considerando che i vostri rimborsi spese, quando pattuiti (le società dilettantistiche sono “realtà semplici” - per chi non le conosce - che pagano, se promettono) per magri che siano, sono pur sempre in euro e non in dollari o sterline, e che la vostra firma è parte della vostra immagine, che può diventare talmente importante, da contribuire all’immagine stessa delle nostre società, con il giocatore straniero in difficoltà comunicate pure nella sua lingua, invece che a gesti - questo è anzi auspicabile - leggetevi anche un buon libro di calcio in inglese, farà molto bene al vostro bagaglio di cultura sportiva e contribuirà alla vostra apertura, ma riservate per la vostra comunicazione, in qualsiasi forma, la vostra lingua, che qualunque essa sia non ha bisogno di altro, e per favore, lasciate Al Pacino e “Ogni maledetta domenica” sullo schermo, ne guadagnerete con un’immagine più presentabile della vostra figura, che avrete eventualmente modo di valorizzare in ben altri modi.

La scelta dell’anglicismo paga solo davanti ad un pubblico di semplici e quando si parla di calcio, dire feed-back, input, referee, abstract, governance, o competitor, invece che risposta, stimolo, giudice, riassunto, controllo o avversario, vi rende meno credibili e la dice lunga su di voi o sulla considerazione che potreste avere del vostro pubblico, che non sempre rimane abbagliato da due parole straniere messe in croce, ma tende invece a grattare la pittura, per vedere cosa c’è sotto.


Previsioni meteo

ASOLA Meteo