Volta la carta

MAMMA E PAPA' SONO UNA RISORSA, MA...

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Vivendo da diversi anni la realtà dello sport dilettantistico nella sua variegata natura, questo è quello che ho sempre sentito come l’argomento più delicato da trattare, che non può rientrare in un corso o in un programma della società, alla stregua delle attività sul campo o organizzative e anzi, non potrebbe neppure essere trattato, se non valutando con estrema attenzione tutte le implicazioni dei rapporti che si intrecciano tra figlio-giocatore e genitore-istruttore, genitore-dirigente, genitore-tifoso, genitore-sponsor, complicabili, se possibile, quando magari i figli-giocatori sono fratelli vicini per età o quando, caso non raro, il genitore veste i panni di più di qualcuna di queste figure, se non è addirittura anche insegnante a scuola (buona fortuna a chi deve essere uno e trino!).

All’interno di sovrapposizioni e conflitti di interesse consci o inconsci, trovare un naturale equilibrio è sempre un risultato fortunato e sudato anche per chi, non seguendo la legge della giungla o non essendo fatalista, non pensa semplicemente che le difficoltà temprino fisico e mente o che il tempo sistemi comunque tutto.

Ognuna di queste tipologie di rapporti meriterebbe una trattazione a parte, ma la cosa dovrebbe essere riservata agli addetti ai lavori, e sono certo che anche all’interno di ciascuna tipologia troveremmo casi talmente singolari, da meritare spazio e attenzione in una sede più idonea del sito internet della società.

Pur avendo vissuto anche direttamente - per mia fortuna raramente - sgradevoli situazioni, che coinvolgevano attori del tutto consapevoli, relativamente “facili” da individuare e da risolvere, credo che valga la pena di soffermarsi invece su quelle difficili, nelle quali, per scongiurare il pericolo di ingiustizie e strappi, non sono sufficienti la buona fede e la buona volontà, né vale spesso la logica.
Nell’approccio alla soluzione di un problema causato dal rapporto tra figlio-giocatore e genitore-istruttore o genitore-dirigente, la società responsabile privilegerà sempre e comunque figlio e genitore, cercando eventualmente di preservare la serenità di compagni di squadra e colleghi, ma riconoscendo l’assoluta priorità dei legami familiari; i comportamenti sbagliati del giocatore o dell’istruttore non dovranno essere espiati dal figlio o dal genitore.
Sembra di parlare di quattro persone diverse, ma invece è molto più complicato, perché sono solo due!

Per un bambino/ragazzo rischia di essere destabilizzante dover trovare nella stessa persona il riferimento familiare del genitore e quello sociale di un’altra figura, a seconda dei luoghi e degli orari: si tratta di due tipi di rapporto talmente diversi, uno esclusivo, di amore, di protezione, l’altro da condividere alla pari con i compagni di squadra, magari con il problema di cercare di essere il migliore a tutti i costi, per non deludere ipotetiche aspettative e conquistare l’esclusività del rapporto anche al di fuori dall’ambito domestico.

In questi casi può risultare impossibile che il giocatore conservi tutte le opportunità di costruirsi liberamente, anche sbagliando, rapporti diversificati con i primi adulti che ha modo di conoscere durante la sua infanzia/adolescenza e questo non aiuta certo la sua formazione.

Non si pensi però che per il genitore sia tutto semplice: è sempre in agguato il rischio di privilegiare il figlio all’interno del gruppo, causando gelosie, scontento e un clima quasi ostile, del quale il bambino/ragazzo non ha responsabilità, ma subisce le conseguenze; spesso capita che, per evitare questo rischio o anche solo perché non sia possibile insinuare favoritismi, cadendo nell’eccesso opposto, il genitore trascuri con ostentazione il figlio-giocatore, le conseguenze in questo caso si ripercuoteranno inevitabilmente in famiglia.

I problemi, per chi vuole vederli, non nascono solo quando il genitore ha un ruolo nella società: allora amore di genitore e passione sportiva diventano a volte una miscela esplosiva anche in tribuna.

Lì, proprio in mezzo alla maggior parte dei genitori che applaudono, incoraggiando la squadra del figlio o apprezzando quella avversaria e passano un paio d’ore concedendosi il piacere dato dai ragazzi che si impegnano e si divertono, siede il genitore che spariglia le carte.
Lui/lei si intende sempre di calcio e, parafrasando Mourinho, quando afferma che “chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio",Figlio campione a volte sembra proprio che lui/lei “sappia solo di calcio”: lui/lei che “se non fosse per mio figlio…”, secondo lui/lei il figlio non dovrebbe mai subire l’onta della panchina, secondo lui/lei il figlio non sbaglia mai e ha sempre un comportamento educato - al massimo reagisce, perché provocato - secondo lui/lei gli avversari fanno sempre fallo, l’arbitro è di parte - anche quando è un dirigente della società - e l’allenatore non “legge” la partita.
Inutile sottolineare come, anche quando il figlio/giocatore sia intelligente e sportivo fin nel profondo, a sentire le rimostranze del genitore tifoso/tifosa, possa facilmente cadere negli stessi errori.

Quindi GENITORI = PROBLEMI, concluderebbe qualcuno.ASSOLUTAMENTE NO, ogni società sportiva dilettantistica DEVE la propria esistenza ai genitori!

 Provate a togliere i genitori di giocatori o ex giocatori della società dall’organigramma e vedrete la vostra amata società cadere come un castello (spero nel crollo di non essere chiamato a pagare i diritti per l’utilizzo del vocabolo) di carte, il giocattolo si romperebbe: potete facilmente verificarlo nell’A.C. Asola, dove dal Presidente, alla nuova leva di dirigenti, quasi tutti hanno o hanno avuto figli che hanno vestito o vestono la maglia biancorossa con il leone; togliere i genitori significherebbe di fatto azzerare la dirigenza della società.
I genitori - anche lui/lei che avevamo dimenticato in tribuna - ci affidano i loro figli, li accompagnano all’allenamento e li vengono a prendere, tolgono ore al tempo libero, seguono le trasferte stipando l’automobile di giocatori e borse, sostengono - speriamo - squadre e società - quando dimostriamo che ognuno di noi, in campo e fuori, sta facendo del proprio meglio per i giocatori, tutti i giocatori - e sono il polso della società: “genitori informati e soddisfatti” è una di quelle informazioni che vorrei poter stampare sul biglietto da visita della società.

MA… ovviamente c’è un ma, quello c’è sempre…

Questo è il campo

Questo è il campo

Ma ci sono momenti, luoghi e confini: lo spogliatoio è il regno dell’istruttore, è la sala riunioni dove trasferisce le sue magie ai bambini/ragazzi prima della gara, è una zona franca nella quale dopo allenamento e gara comunica apprezzamenti e rimproveri anche solo con una pacca sulla spalla, una carezza, un’occhiata e lì è tollerato, sottolineo tollerato, solo il dirigente, che in fin dei conti è l’ospite, in quanto rappresentante della società, e che a volte fa bene a “dimenticarsi” di avere anche nozioni tecniche, per non interferire nel dialogo, per non rubare la scena all’istruttore,  ma la compagnia è esclusiva e la regola va rispettata; lì si condividono stati d’animo, ci si consola, si sfoga anche la rabbia con un pianto, si ride di soddisfazione, lì i più piccoli imparano a legarsi le scarpe, a lavarle dopo averle usate, ad avere cura del proprio abbigliamento e acquisiscono la sana abitudine della doccia dopo l’attività.
A pochi metri, FUORI, ci sono i genitori che aspettano, tutti quanti, anche lui/lei, che brontola ancora perché con suo figlio in campo si sarebbe vinto, si sarebbe segnata una rete in più, se ne sarebbe subita una in meno, bla, bla…
I figli-giocatori escono, lasciando all’interno dello spogliatoio tutti i segreti tra loro e l’istruttore: il dirigente non li rivelerà neppure sotto tortura.
Alla prossima! …e ridiamoci sopra.

Ah, ancora una cosa… quando i figli-giocatori escono, la borsa se la portano da soli, sono atleti!


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