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LA REGOLA DA NON INFRANGERE

RispettoIl mondo del lavoro e quello dello sport, la stessa società in cui viviamo, sono immersi e confusi tra leggi, codici e regolamenti che disciplinano minuziosamente il modo di vivere in comune e le relazioni tra le persone.
Eppure, la regola più importante, alla quale tutti dovrebbero fare riferimento, ancorché non scritta, è sempre e solo una: il rispetto.
Nell’ambiente sportivo, dunque,  rispetto per l’allenatore e il suo operato, per lo staff intero, per la società sportiva, per i compagni di squadra, per gli avversari, per le altre persone coinvolte, come l’arbitro, gli spettatori e, non da ultimo, anche per se stessi.
Nel rapporto, a volte anche difficile e burrascoso, che s’instaura tra i membri di un gruppo o tra l’allenatore e uno dei propri giocatori, il richiamo a questa regola basilare dovrebbe essere da solo sufficiente a prevenire i conflitti che possono minare dall’interno la qualità della vita del team, compromettendone inesorabilmente il raggiungimento degli obiettivi.
In tal senso, anche la figura del mister intransigente o del “sergente di ferro”, magari autoritario e per nulla democratico, non sarà necessariamente vissuta in modo negativo, qualora alla base del rapporto vi sia il reciproco rispetto dei ruoli e delle persone.
Nel caso in cui il rispetto venga meno - e le prestazioni svogliate o le palesi contestazioni, per non parlare del giocatore che “rema” apertamente contro la squadra o l’allenatore stesso ne costituiscono evidenti esempi - l’allenatore non deve esitare a proporre anche il rimedio più drastico, quale l’esclusione dalla rosa e l’allontanamento definitivo dalla squadra.

Pur cercando di essere comprensivo e paziente, di dimostrarsi di fatto aperto al dialogo, di ricercare minuziosamente le ragioni delle incomprensioni per appianare i contrasti, l’allenatore deve agire per prendere i provvedimenti più opportuni nell’interesse proprio e della squadra: la trasgressione aperta e studiata ad arte da un giocatore o da chi all’interno della squadra “gli è contro” non postula un intervento correttivo quale il rimprovero - pubblico o privato - ma necessita di una decisione “vera ed importante".

Quali provvedimenti adottare nei confronti di quegli atleti dilettanti che, durante la seduta, in palese contrasto con il mister si allenano “da soli” o svolgono esercizi volutamente differenti e non autorizzati o ancora disertano le sedute stesse senza preavviso o addirittura firmano petizioni contro il mister?
Tali episodi, certamente gravi, che dimostrano l’irrimediabile logorio di un rapporto giunto all’epilogo, dovranno essere accuratamente banditi, come del resto i relativi autori.
In tale frangente dovrà essere tempestivamente coinvolta proprio la dirigenza del sodalizio sportivo, per proporre un adeguato provvedimento o avallare quello scelto dal club.

Nei casi più gravi, l’allenatore dovrà evitare di stabilire da solo e in prima persona le sanzioni da adottare, delegando alla società la scelta e l’adozione del provvedimento punitivo: in tal modo potrà verificare di essere supportato o meno nelle proprie idee e azioni, godendo ancora della fiducia della società; diversamente, potrà costatare l’orientamento difforme e consenziente della dirigenza stessa, scoprendo così di essere considerato la causa del problema e, in ultima analisi, il capro espiatorio con le prevedibili conseguenze.


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