Tra circa un mese avrà inizio il Campionato mondiale di calcio Qatar 2022, che per la prima volta non si disputerà nel canonico periodo estivo. Trentadue squadre partecipanti, nazionale di casa esordiente nella massima competizione, otto stadi climatizzati: ci sembrano elementi più che sufficienti per un’analisi critica della rassegna. L’Italia? Dopo la sbornia europea del 2021, non è riuscita a sconfiggere la Svizzera prima e la Macedonia del Nord dopo. Per la seconda edizione mondiale consecutiva rimarremo a guardare, personalmente senza rammarico.
I dubbi sull’assegnazione
“I Mondiali del 2022 saranno un evento importante per lo sviluppo del calcio nel mondo. Per questo motivo ho votato affinché si svolgessero in Qatar, a condizione che la competizione fosse svolta a dicembre, come ormai è stato deciso. Non mi pento assolutamente di questa decisione” (Michel Platini)
Nel dicembre di dodici anni fa, presso la sede FIFA di Zurigo, fu comunicato il paese organizzatore del Mondiale 2022. La sorpresa risultò notevole, anche perché l’opinione comune sembrò convergere sugli USA. Più defilati Corea del Sud e Giappone, mentre la candidatura australiana fu ridimensionata da Blatter in persona.
Il voto decisivo di Platini, allora presidente della UEFA, diventò ben presto oggetto di discussione e accusa. Successivamente si mosse la magistratura francese, che identificò un momento ben preciso da cui partire con le indagini: il pranzo del 23 novembre 2010 tra Nicolas Sarkozy, alcuni responsabili dell’Emirato e “Le Roy” Michel. Un’occasione “speciale”, che servì a Platini per fugare ogni dubbio circa l’attribuzione del proprio influente voto. Se l’ex campione possa aver percepito un compenso, forse, ce lo diranno i giudici. Tra le piste collegate, non è mai banale citare l’acquisizione del PSG da parte di Qatar Sports Investments nel 2011.
Una monarchia che non contempla diritti
“Ospitare la Coppa del mondo di calcio in Qatar ha contribuito a mettere il Qatar sulla mappa internazionale, innescando un significativo miglioramento dei diritti dei lavoratori nel Paese. Abbiamo parlato dei lavoratori, dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani, alcune critiche sono state sollevate, giustamente, e i cambiamenti sono avvenuti” (Gianni Infantino)
Il Qatar è una monarchia assoluta di circa 2 milioni di abitanti, che si sviluppa su 11.000 km quadrati. La famiglia reale Al Thani governa lo stato dal 1825, non vi sono partiti politici e non vi è separazione dei poteri. Viene adottata la Sharia come principale forma legislativa, mentre i lavoratori espatriati e provenienti da Asia e Africa sono sottoposti a regime di schiavitù. Ma il cosiddetto “mondo occidentale” non si è mai formalizzato di tutto ciò, relazionandosi all’Emirato come alla più moderna delle democrazie.
Come afferma Amnesty International, “quando la FIFA ha deciso di far svolgere le gare della Coppa del Mondo in Qatar sapeva, o avrebbe dovuto sapere, dei rischi intrinseci nell’ospitare il torneo lì, a causa della forte dipendenza del paese dai lavoratori migranti e del grave sfruttamento che essi devono affrontare”. Le statistiche parlano di circa 6500 operai morti nella costruzione degli stadi, in poco più di undici anni. A parte qualche approfondimento delle ONG o inchieste giornalistiche, non riscontriamo particolare indignazione o, quantomeno, maggiore sensibilità sul tema. Nel nostro piccolo, su questo sito, continueremo a far luce sulla questione.
I precedenti
“Quando mi dissero che la mia prestazione poteva favorire i militari, risposi che i miei gol erano per l'Argentina e non per Videla, non era un problema mio che i militari potessero appropriarsi delle nostre vittorie” (Mario Kempes)
Già in passato, in diverse occasioni, la storia del calcio si è macchiata di vergogna. Nel 1934, l’Italia fascista di Vittorio Pozzo conquista il mondiale di casa a suon di favoritismi, in particolar modo contro la Spagna di Zamora e il Wunderteam austriaco. Il caso più eclatante è quello di Argentina 1978, con il regime dei colonnelli che vuole offrire agli osservatori internazionali un’immagine ben diversa da quella reale. Eppure il movimento delle madri di Plaza de Mayo manifesta da circa un anno, mentre per avere maggiori chiarimenti sui “voli della morte” dovremo attendere circa due decenni.
Indignazione degli addetti ai lavori? Poco o nulla, come del resto al giorno d’oggi. Ma se quarant’anni fa le informazioni scarseggiavano, al giorno d’oggi basta un minimo d’impegno per raccogliere informazioni in grado di formare una coscienza critica. Il sito dell’Asola Calcio non è un organo di informazione, ma nel suo piccolo intende generare approfondimento. Non ci siamo mai occupati di cronaca sportiva, a maggior ragione non lo faremo nemmeno questa volta. Nel lettore vogliamo generare un dubbio: vale veramente la pena seguire questa edizione dei mondiali di calcio?