Nel 1974, la Rivoluzione dei Garofani spazzò via il regime dittatoriale portoghese, che negli anni aveva non solo privato i cittadini delle più elementari libertà, ma altresì generato povertà e disparità sociali. Il 25 aprile portoghese portò una nuova ventata di idee e il calcio non rimase immune da ciò. Gli anni Ottanta e Novanta furono il trampolino di lancio per una serie infinita di giovani talenti e per qualche allenatore emergente. Uno su tutti: Carlos Queiroz, dal Mozambico.
La caduta di Francisco Franco, in Spagna, fu l’origine di un boom economico senza precedenti. Franco, più di qualsiasi altro dittatore di stampo fascista, seppe sfruttare il calcio per fini propagandistici. Tifoso del Real Madrid, il Caudillo fu senza dubbio uno degli artefici del mito dei blancos, mentre il Barça si consolidò sempre più come squadra antiregime. Il ritorno alla democrazia portò una certa competitività all’interno e in campo internazionale, anche se per assistere ai trionfi della Roja si è reso necessario attendere diversi anni.
Il motore della crescita del gioco spagnolo arriva, naturalmente, da Barcellona. A Euro 2020, la Spagna si presentava come possibile outsider ma senza reali possibilità di vittoria, vista la giovane età media e l’assenza di leader carismatici. Con un cammino in crescita, la squadra di Luis Enrique ha dominato la semifinale contro l’Italia, salvo poi crollare ai calci di rigore. La prestazione iberica è stata maiuscola e il tecnico asturiano, per l’ennesima volta, ha dato sfoggio della propria sportività. Anni fa Luis Enrique allenò per una stagione la Roma e, lottando contro i mulini a vento, cercò di coniugare vittorie e bel gioco. I risultati, per svariati motivi, non gli diedero ragione e la tifoseria organizzata non esitò a sbeffeggiarlo. Forse, negli anni, qualcuno si sarà ricreduto.
La finale di domenica si presenta apertissima. L’Italia ha affrontato un percorso più difficile, con sprazzi di bel gioco, ma l’atteggiamento contro la Roja è apparso troppo rinunciatario. Gli inglesi, invece, hanno avuto un percorso più semplice e non mi hanno mai fornito l’impressione di essere una grande squadra, nonostante i numerosi giovani di talento. Contro la Danimarca di Kjaer, è stato decisivo l’aiutino arbitrale nei supplementari in occasione del rigore, oltre a qualche difficoltà di Hjulmand nella gestione delle sostituzioni. Non era la Danish Dynamite dei gloriosi anni ’80, ma i nordici sono sembrati squadra quadrata e lucida nella gestione delle situazioni più calde. Il tifo di casa e la possibilità di un arbitraggio condizionato sono elementi da tenere in considerazione per un eventuale pronostico.
Voi cosa ne pensate?