Francia 2016 visti da Francesco Ratti

E' SEMPRE L'ORA DELLA SORPRESA?

bandiere

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Questi giorni ho coinvolto Mathias nella visione del primo turno della fase finale di France 2016, cercando di spiegargli come gli amici dell’Asola Calcio seguano con passione questa rubrica. Mio figlio è ancora troppo piccolo per capire la logica di questo gioco, in fondo è solo un neonato di dieci giorni, ma la sua vivacità mi fa ben sperare per il suo futuro sportivo. In realtà Mathias non ha potuto osservare altissimi livelli di calcio: questi sono rimasti solo nelle aspettative di tifosi e addetti ai lavori. La strada verso il titolo è ancora lunga, per ora ci limitiamo solamente ad alcune osservazioni sparse.

 

Sabato sera, i “Leoni d’Inghilterra” sono stati beffati nel finale da una Russia tutto cuore. Nonostante il Muro di Berlino sia crollato da quasi trent’anni, il gioco degli est-europei rimane immutato. Grinta e spirito di sacrificio spadroneggiano sulla tecnica e sulla raffinatezza, al netto dei talenti che dai tempi di Mostovoi non si producono più. Gli inglesi confermano la tradizionale palla lunga, che visto il potenziale della squadra rimane un po’ riduttivo. In fondo sulla panchina dei britannici siede Roy Hodgson, un anziano e simpatico signore che con lo spettacolo ha poco a che vedere. Il Galles vince e convince, seppur con la modesta Slovacchia. Il prossimo turno sapremo se i fondati timori della Brexit potranno estendersi al football.

 

I favoritissimi della Germania, dopo una partita al piccolo trotto, hanno avuto la meglio su Konoplyanka e compagni. Troppo poco per ambire alla vittoria finale. Il match con la Polonia saprà fornirci qualche indicazione in più, vista la ritrovata vivacità dei biancorossi. Sebbene il movimento calcistico non produca più talenti del calibro di Zmuda o Deyna, la Polonia ha saputo ritrovarsi grazie ai propri giovani, in primis Arkadiusz Milik. Viste le posizioni antieuropeiste di Kaczynski e amici, immaginiamo che in patria sarà spasmodica l’attesa del match.

 

 Interessante si è dimostrato sin dalle prime battute il girone D. Se il voto sul genocidio armeno rischia di allontanare definitivamente la Turchia dall’Europa, la bomba di Modric ha fissato tre punti di distanza fra la Croazia e i figli di Ataturk. Se consideriamo la vittoria della deludente Spagna, su una Repubblica Ceca lontana parente di quella ammirata qualche anno fa, il destino del girone sembra ormai segnato. La vera delusione di questi primi incontri è senza dubbio il Belgio, lento e inconcludente contro l’Italia operaia di Antonio Conte. L’allenatore azzurro è stato in grado di valorizzare le uniche armi a disposizione dei propri giocatori, ovvero la corsa e l’ordine tattico. Siamo convinti che i giovani diavoli rossi di Wilmots sapranno rifarsi.

Il derby del Danubio ha premiato una disciplinata Ungheria, ai danni dell’Austria di Alaba. In campo non c’erano Sindelar e Puskas, ma nemmeno Polster e Detari. Felicitazione per il ritorno di due scuole calcistiche prestigiose, certo, ma questi livelli sono assai mediocri. In serata, l’esordiente Islanda ha imbrigliato il Portogallo in un pareggio che lascia tutto aperto per la qualificazione. Con Fernando Santos in panchina, i lusitani tornano all’età della pietra, mentre i nordici mostrano un 4-4-2 ordinato e tanta concretezza. Non saranno un fuoco di paglia.

Le grandi hanno deluso, ma in generale io e Mathias abbiamo avvertito un livellamento generale. Forse i reali valori alla lunga emergeranno, ma non dimentichiamo che spesso l’Europeo fa rima con sorpresa.


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