Francia 2016 visti da Francesco Ratti

L'IMPRESCINDIBILITA' DEL NUMERO DIECI

 

L'elenco dei convocati alla fase finale dell'Europeo, giunto contestualmente alla lista redatta dalla Commissione Antimafia    presieduta da Rosy Bindi, ci ha posto un legittimo dubbio su chi fossero, nella realtà, i veri impresentabili.

Se il primo fotografa perfettamente la situazione drammatica del calcio italiano, la seconda mostra in maniera tangibile come la Prima Repubblica non sia mai defunta.

Alla cronaca è balzato il numero assegnato all'oriundo Thiago Motta, un mediano tutto sostanza e zero inventiva, giunto al momento di gloria nella fase conclusiva della propria carriera. Tanto clamore per nulla: non trovo alcun giocatore, all'interno della rosa, degno di vestire la Dieci. Sarebbe stato più semplice chiedere a Massimo Orlando di abbandonare la postazione Rai e rimettere, per qualche giorno, gli scarpini ai piedi.

Nel corso della storia la nazionale azzurra, sempre incline al gioco di contenimento, annovera “10” del tutto inusuali. Anche nei periodi di maggior prestigio. Basti pensare a Di Biagio, De Rossi e Inzaghi, solo per citarne alcuni. Se nella classica numerazione da 1 a 11 il Dieci ha sempre incarnato il talento e la perfezione artistica, l'avvento della numerazione fissa ha scalfito e non poco il concetto. Inoltre, l'incremento della componente fisica nel calcio europeo moderno ha, nei fatti, aperto la strada a improponibili trequartisti. Per la serie: il Numero Dieci autentico è in via d'estinzione.

Nel 1968, mentre il movimento studentesco esce dall'ambito accademico e si apre alla società, la nazionale italiana vince il suo primo Campionato Europeo. Nella rosa troviamo Gianni Rivera e Sandro Mazzola, ma a vestire la Dieci nella ripetizione della finalissima contro la Jugoslavia c'è il terzino Giacinto Facchetti.

Dodici anni dopo, sempre in casa, è cocente la delusione azzurra nel pareggio contro i belgi dell'istrionico Pfaff. Il nostro numero Dieci risponde al nome di Giancarlo Antognoni, regista della Fiorentina, mentre a sollevare la coppa sarà la giovane Germania Ovest di Hansi Muller.

Otto anni più tardi, quando Van Basten spara un missile alle spalle del leggendario Dasaev, l'ambita maglia è sulle spalle del difensore De Agostini. Non a caso il CT azzurro si chiama Azeglio Vicini. Un anno più tardi crollerà il Muro di Berlino, e con questo tante certezze (anche sportive).

A seguire, nella controversa storia d'amore tra gli Europei e la “10” azzurra ecco Albertini, Del Piero, Totti, De Rossi e Cassano. In tempi di vacche magre tocca accontentarci di Thiagone nazionale. In fondo le alternative non sono molte: anche in questo caso, il calcio si dimostra uno spaccato di vita. Sediamoci allora in poltrona e godiamoci Pogba, Ibra, la favorita Germania, i ragazzi terribili del Belgio e il piccolo mago Sanmartean.

Non abbiamo altra scelta.


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