Quando Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, si rese protagonista di un'eroica e appassionata difesa dei propri confini contro le offensive ottomane, ancora il gioco del calcio non esisteva. Alla sua morte per malaria seguì la lunga occupazione turca, che ebbe fine solamente nei primi anni del Novecento, con la costituzione del Principato di Albania.
A distanza di una manciata di secoli, sarebbe interessante assistere a una rivincita sportiva tra la Turchia e “le aquile”. Il terreno di gioco potrebbe essere quello dei prossimi europei di calcio, ovvero Francia 2016. Gli uomini di Fatih Terim, vero artefice di questa qualificazione, ci sono arrivati all'ultima giornata, dopo aver disputato un girone infernale non privo di sorprese. Gli albanesi, secondi alle spalle del Portogallo, rappresentano invece una delle cinque debuttanti alla competizione continentale. Chi l'avrebbe mai detto?
Lussemburgo-Albania 2-1. Il 6 settembre 2011 la nazionale rossonera, con il croato Josip Kuze in panchina, tocca uno dei punti più bassi della propria storia. In campo, stelle del calibro di Ervin Skela ed Erjon Bogdani sono sempre più vicine al tramonto. Serve una scossa, e a darla è l'ennesimo allenatore straniero: Gianni De Biasi, reduce da un esonero-lampo a Udine, che nella terra di Scanderbeg non ci vuole nemmeno andare.
Il legame tra Italia e Albania ha origini antiche. Lo stesso Castriota si recò nel Belpaese, all'apice della propria fama; molti suoi connazionali vi si stabilirono nei decenni successivi, dopo l'occupazione ottomana, precisamente nella zona meridionale. Durante la guerra del 15-18, parte del territorio albanese divenne Protettorato Italiano, poi abbandonato da Giolitti e nuovamente occupato da Mussolini. La successiva invasione nazista, a seguito dell'armistizio, è fronteggiata dall'epica resistenza guidata da Enver Hoxha, la futura guida del Paese. La morte del carismatico leader e la dissoluzione del blocco sovietico portarono, nel 1991, a un flusso migratorio verso l'Italia senza precedenti. Ventiquattro anni più tardi, un italiano farà grande l'Albania: non è l'imbarazzante Renzo Bossi “laureato” a Tirana, ma bensì mister De Biasi.
Vittoria in Portogallo, Danimarca lasciata alle spalle, alcune amichevoli di prestigio. Qual'è il segreto della crescita dell'ex cenerentola del calcio europeo? Sicuramente un lavoro tattico metodico, che l'allenatore veneto ha sviluppato con i suoi assistenti Tramezzani e Pereni. Lo staff italiano ha saputo ringiovanire una squadra troppo anziana, scommettendo su giocatori provenienti dai più disparati campionati europei, grazie a una pazzesca opera di scouting. Basti pensare a Etrit Berisha, pescato in Svezia e giunto successivamente a difendere i pali della Lazio. De Biasi ha motivato la giovane rosa, condizione necessaria per tagliare i ponti con un passato fatto di rassegnazione: i risultati sono subito arrivati.
Anche l'Albania politica ha voltato faccia. Nel 2013, l'ex sindaco di Tirana Edi Rama è diventato il nuovo primo ministro, dopo un ventennio segnato dall'affarismo di Sali Berisha, l'amico fraterno di Bush e Berlusconi con un passato comunista. Rama, appassionato di sport ed europeista critico, lavora per portare il proprio paese nell'UE. Nell'Europa calcistica, le aquile ci sono già arrivate, e non hanno alcuna intenzione di rimanere una meteora.