Defibrillazione

MORIRE DI SPORT A 16 ANNI

Eugenio Rossetti

Eugenio Rossetti

Eugenio Rossetti aveva 16 anni.

Quest’estate l’A.S.D. BaskeTrieste, la società che gestisce il settore giovanile dell’Alma Trieste (serie A2) l’aveva scelto dall’A.S.D. Starenergy per inserirlo nella rosa della squadra che gioca il campionato d’Eccellenza Under 20.

Tre giorni fa avevo visto a Trieste la presentazione della sua squadra: in mezzo a quelle festose magliette rosse c’era anche lui.

 

Nella partita di ieri sera contro il New Best Mazzano, all’inizio del secondo tempo, per un dolore al petto aveva chiesto di essere sostituito; appena il tempo di sedersi in panchina e si era accasciato sul parquet.

Già da subito la situazione si presentava grave, Eugenio non aveva polso e il palazzetto dello sport di Mazzano non è provvisto di defibrillatore, fino alla serie B attualmente nel basket non c’è l’obbligo; i soccorsi erano arrivati dieci minuti dopo la chiamata e i volontari, anch’essi senza defibrillatore, trovando il ragazzo in arresto cardiaco, avevano provato inutilmente un massaggio per ripristinare la funzione cardiocircolatoria. 

Erano passati altri interminabili minuti, prima dell’arrivo di un’autoambulanza attrezzata con personale dotato dell’apparecchio, grazie al quale in un primo momento il cuore di Eugenio aveva ripreso a battere, poi un secondo arresto e una successiva rianimazione sul posto.

Ricoverato all’Ospedale Civile di Brescia, le sue condizioni erano apparse disperate e la sua ultima gara, pur durata quasi 24 ore, non è bastata a salvarlo.

 

Ora qualcuno spiegherà ai suoi genitori, ai suoi amici e ai suoi compagni di squadra che la legge non evidenzia carenze né della struttura, né delle risorse umane, ricordando magari che siamo ancora sotto proroga, fino al 30 novembre l’obbligo del defibrillatore in campo non è operativo, e che quel ritardo, probabilmente di una quindicina di minuti, è quindi giustificato.

Un po’ per il dolore, un po’ per la rabbia, questa volta non riesco a commentare l’accaduto, questa volta non riesco nemmeno a inserire Eugenio nella statistica dei tre decessi settimanali in costanza della proroga; sarà che fino a qualche ora fa era un ragazzo venuto dalla mia città per giocare una partita nella terra dove ora abito, ma proprio non ci riesco.

Solo una cosa, però vorrei: che qualcuno mi contestasse il titolo.

 

Eugenio non è morto di sport; è morto di inciviltà, di ignoranza e di ottusità. 

 

A parziale rettifica e integrazione dell'articolo, che era conforme alle notizie diffuse dagli organi d'informazione fin da subito, vorrei aggiungere le importanti dichiarazioni del Sig. Guido Marcandelli, vicepresidente del COSP, l'associazione dei volontari intervenuta, e del Sig, Antonio Polvara, un elemento della squadra giunta al palazzetto di Mazzano, con i quali ho avuto oggi uno scambio di mail e un colloquio telefonico chiarificatori.

Guido Marcandelli: "la prima squadra di soccorritori intervenuta sul posto (quella appunto formata dai miei volontari), il defibrillatore ce l’aveva, eccome, tant’è che sono stati loro ad effettuare le prime manovre rianimatorie e le prime analisi del defibrillatore come da procedure del protocollo della Lombardia"

Antonio Polvara: "Dire che i soccorritori arrivati con l'ambulanza erano sprovvisti di  defibrillatore è una cosa assolutamente non corrispondente al vero in quanto lo stesso è stato applicato immediatamente al povero ragazzo e vi sono state diverse scariche prima del'arrivo dell'auto medica. All'arrivo di quest'ultima, è stato solo staccato il connettore dal defibrillatore dell'ambulanza e collegato al monitor del medico che ha continuato con la manovra."

Contando di aver riconosciuto il giusto merito all'associazione COSP di Mazzano e in particolare ai soccorritori della squadra che ha operato al meglio delle possibilità, rinnovo da parte mia e di tutta la dirigenza dell'A.C. Asola tutta la stima e la gratitudine per il lavoro svolto quotidianamente sul territorio.


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