Tango, Samba e Beat: pagine scelte

NEREO ROCCO. CIO’, MONE, XE’ SOLO FUTBOL!  di  Paolo Marcolin

CIO MONE XE SOLO FUTBOL2

CIO MONE XE SOLO FUTBOL2

Paolo Marcolin non è una figura di facile inquadramento, se non limitandosi a dire che è legato a doppio filo alla carta stampata e alla parola: giornalista del Piccolo - il quotidiano di Trieste - traduttore, insegnante, bibliotecario, correttore di bozze, scrittore. 

Ho avuto la fortunata occasione di conoscerlo personalmente: la sua naturale curiosità, dote  indispensabile per chi scrive, ne fa una persona disponibile, che cerca, trova e trasmette con il garbo dei gentili modi triestini d’altri tempi.

 

Ciò, mone, xè solo futbol! non è l’ennesima biografia del personaggio epico, ma un confidenziale incontro con Nereo Rocco, raccontato, come a me piace tanto, con gli strumenti delle Interviste Impossibili, quelle radiofoniche, geniali, degli anni ’70 di Osvaldo Bevilacqua: cultura e immaginazione.

A prima vista queste pagine si potrebbero scambiare per un qualunque opuscoletto che accompagna otto belle cartoline, provenienti dall’archivio fotografico privato e pubblicate su concessione della famiglia Rocco; il tutto inserito in un’accattivante confezione illustrata.

La lettura invece ci regala tanti sorrisi per la leggerezza delle situazioni e tanta nostalgia per una persona autentica, ancora a quarant’anni dalla sua scomparsa, che con la sua grande umanità parlava efficacemente il proprio dialetto, complici due muli come Maldini e Cudicini, tanto con Gianni Rivera, “abatino” di Alessandria, quanto con Karl Heinz Schnellinger, il campione tedesco grazie al quale abbiamo vissuto le emozioni di Italia-Germania nel 1970. 

L’ambientazione: dalla tipica osteria triestina ai vecchi stadi Grezar e Appiani di Trieste e Padova nel secondo dopoguerra, da San Siro al Filadelfia del Grande Torino, al sontuoso stadio della finale mondiale Francia-Brasile.

Nato a Trieste nel 1912, suddito asburgico, di cognome Rock, poi italianizzato secondo un regio decreto degli anni ’20,  Nereo Rocco giocò in serie A dal 1929 al 1942  con le maglie di Triestina, Napoli e Padova; da terzino segnò 89 reti in 329 presenze.

Ci regalò il meglio di sé da allenatore: secondo in serie A con la Triestina - alle spalle del Torino! - nel 1948, poi alla guida del Padova e quindi trionfatore in Italia, in Europa e nel mondo con il Milan, collezionando Scudetti, Coppe Italia, Coppe delle Coppe, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentali, passando nel frattempo anche per la panchina del Torino.

Una carriera completa di soddisfazioni, che si concluse appena in tempo per veder nascere il nuovo gioco della rivoluzione portata dall’Olanda di Cruyff.

A prescindere dai trofei, uomini così mancano da tempo al calcio nazionale.

Tango per il temperamento, Samba per la nostalgia e Beat per il dinamismo.

 

“Ho immaginato cosa direbbe oggi il vecchio Paròn se potesse spuntare dalla porta di una delle sue amate osterie. Quali sferzanti sentenze uscirebbero dalle labbra increspate che ha in quella foto con Gianni Brera.”

 

“Mi sono alzato in piedi e ho cercato di guardare meglio la foto. Era un poster. Calciatori che festeggiavano intorno ad una coppa. In mezzo un uomo. Cappello, cappotto nero, la stessa faccia sorridente che mi stava fissando adesso dal tavolo.”

 

“Il vento passava tra i piloni scheggiati della tribuna dietro la quale si stagliava, imponente, la sagoma del nuovo stadio comunale che del vecchio allenatore portava il nome, un campo troppo giovane per avere storie da raccontare.”

 

“Qui gli avevano affibbiato il soprannome che si è portato dietro per tutta la vita come una decorazione conquistata nel fango delle trincee che il suo Padova dei “poareti”, degli umili, costruiva per fermare i potenti eserciti nemici che si chiamavano Juventus, Milan, Inter.”

 

“Nella squadra brasiliana, nonostante qualche strano ritardo nel consegnare la formazione, dovuto, si diceva a una improvvisa indisposizione di Ronaldo, il Fenomeno era regolarmente tra i titolari.”


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