Volta la carta

PASSI DA GIGANTE

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Muntari abbandona il campo dopo buuu razzisti 2Da Bologna il presidente del Club Internazionale Arpad Weisz mi ha chiesto di scrivere qualcosa relativamente ai fatti di Cagliari-Pescara, l'ho fatto molto volentieri e il pezzo è già stato pubblicato anche da un club di tifosi Cagliaritani, i Giuristi Rossoblu.
Lo condivido in questa rubrica, perchè interessa tutti noi e i nostri ragazzi.


30 aprile, Cagliari–Pescara, 90° minuto: un giocatore della squadra abruzzese viene espulso per doppia ammonizione, la seconda viene comminata in seguito al suo volontario abbandono del campo; nei minuti di recupero uno dei protagonisti mancherà.

Per capire come si sia creata quella brutta situazione, bisogna ripercorrere i fatti a ritroso.

Sulley Muntari, che non è certo Iniesta, ma nei suoi 16 anni di calcio professionistico in Italia ha sempre fatto il suo onesto e apprezzato lavoro in squadre come Udinese, Inter e Milan, di insulti razzisti in carriera ne ha ricevuti proprio tanti, ma un tempo a tutto questo in Italia non si dava molto peso, spesso i comportamenti razzisti venivano mascherati con l’antipatia nei confronti di un atleta e l’insulto grave veniva retrocesso a comune intemperanza, quasi goliardica.

 

Per fortuna ora, sulla carta, le contromisure in simili frangenti sono chiaramente codificate e ci sono tutti gli strumenti per risolvere le situazioni in tempo reale, o sanzionarle a posteriori.

Per accenni di atteggiamenti razzisti messi in atto da parte di un’esigua frazione di un determinato settore dello stadio, spesso la richiesta di intervento di un capitano può essere sufficiente ma, al perdurare o all’aggravarsi del problema, è prevista l’interruzione temporanea della partita.

In sede di giustizia sportiva sono poi disponibili provvedimenti quali multe alle società, chiusura di un settore dello stadio, disputa delle partite a porte chiuse o trasferte vietate per  una tifoseria.

A Cagliari tutto questo non ha funzionato.

 

Sul fatto che il giocatore ghanese fosse oggetto di insulti durante la partita, non sembra che ci siano dubbi e questi insulti funzionano come certi veleni, dei quali una sola dose, anche importante, non è dannosa, ma ripetute piccole dosi si accumulano nell’organismo e diventano letali.

E’ il momento di ricordare che la seconda ammonizione a Muntari da un punto di vista regolamentare è un atto dovuto: ha abbandonato il terreno di gioco di sua iniziativa di fronte a decine di migliaia di spettatori in tribuna, moltiplicate a dismisura se consideriamo anche il pubblico televisivo, ma nessuno mi toglie dalla testa che con un po’ di buon senso quell’ammonizione non sarebbe mai arrivata.

Gli insulti durante la partita sarebbero dovuti essere frenati prima, come da regolamento, e le vivaci – molto vivaci – proteste del giocatore non ci sarebbero state, ma anche nel caso che gli insulti non fossero stati adeguatamente “trattati” fin da subito, alle prime proteste si sarebbe stati ancora in tempo per non fare la frittata.

Un richiamo al capitano del Cagliari avrebbe creato un clima di solidarietà nei confronti di Muntari, fino a quel momento parte lesa, e se necessaria, anche un’interruzione di qualche minuto avrebbe avuto il suo effetto.

 

Il corretto pubblico di Cagliari non ne perde in immagine, in fin dei conti un gruppetto non qualifica un’intera tifoseria, come non la qualifica un solo tifoso che lancia in campo un fumogeno: perché però prendere provvedimenti per un solo tifoso che lancia un fumogeno e non per un gruppo di tifosi – dieci? venti? cento? non ha importanza – che mettono in atto un comportamento inequivocabilmente sanzionabile in ambito sportivo, che è anche classificato reato al di fuori dello stadio?

Mi piacerebbe solo ricordare ai “ragazzi del coro” che negli anni ’60 e ’70 i loro nonni per affetto avrebbero fatto a gara per dare la figlia (adesso la loro madre) in sposa a Nené, che poi non era molto più chiaro di Muntari; sul fatto che provenisse da un altro continente, la loro ignoranza non permetterebbe tali sottigliezze.

Da allora hanno fatto passi da gigante: indietro.

Il Club Rossoblu Internazionale Arpad Weisz si fonda su uno statuto che ha come primo punto un principio, che sarebbe opportuno inserire negli statuti di ogni club di tifosi:

Il Club internazionale Arpad Weisz ripudia l'antisemitismo, il razzismo e la xenofobia in tutte le sue forme