Volta la carta

CFT APPRENDIMENTO E MOTIVAZIONE

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Sport come palestra di vita.CFT

I fattori che influenzano l’apprendimento e la motivazione alla pratica sportiva.

Centro Federale Territoriale FIGC - Montichiari 20.05.2019

Nell’incontro di questa sera la Dott.ssa Giulia Marsili, psicologa dello sport, ha analizzato i meccanismi che entrano in funzione nell’ambito di una qualunque squadra di una qualunque delle nostre società sportive dilettantistiche, quando si prendono in considerazione apprendimento e motivazione, sottolineando che per conseguire un risultato è necessario un flusso bidirezionale.

Sembra quasi banale, ma è bene ricordarlo, che in un verso, da parte dei bambini/ragazzi, debba esserci l’attenzione verso l’istruttore e la volontà di mettere in pratica quanto viene comunicato; un po’ meno scontata è, nell’altro verso, la capacità da parte dell’adulto di trovare i modi idonei per bucare qualsiasi velo di disinteresse con parole, toni, volume e linguaggio non verbale efficaci.

In presenza di queste componenti l’apprendimento e la motivazione vengono da sé.

Tutto semplice per chi conosce molto bene la materia calcio e ha doti innate per trasmettere i concetti.

Per chi ha la conoscenza, ma non le doti innate, invece la faccenda necessita di maggiore attenzione a ogni segnale che i bambini/ragazzi inviano inconsapevolmente: aiutano certamente la condivisione di esperienze con i colleghi, la disponibilità a mettersi in gioco e l’accettazione della formazione continua.

I Centri Federali Territoriali della FIGC hanno proprio lo scopo di dare formazione, con il raro pregio di non proporre iniziative commerciali o di bandiera tanto verso le piccolissime società, quanto verso quelle meglio organizzate.

I docenti degli incontri sono sempre figure professionali qualificate che hanno come unico compito quello di far crescere tecnici e dirigenti dilettanti: sarebbe un atteggiamento intelligente quello di approfittare di quanto viene offerto.

Breve ma incisivo l’intervento conclusivo di Lorenzo Bedin, che parla assolutamente la nostra lingua e non lascia spazio a momenti poco palpabili di teoria – d’altra parte un tecnico con un importante passato di calcio giocato anche ad alti livelli e apertamente critico verso il professionismo, non potrebbe mai essere percepito “distante”.

Bedin ha descritto quel sottile limite che c’è tra la competenza della società e quella della famiglia, tra istruttore o dirigente e genitore: è importante che venga accettato e rispettato da entrambe le parti.

Riconosciuto e fissato quel confine, si può instaurare una collaborazione che andrà a tutto vantaggio del calciatore/figlio.

Non vorrei distruggere i grandi sogni che qualcuno potrebbe inopportunamente seguire, ma solo un ragazzo su molte migliaia è destinato a vivere di calcio e statisticamente è più facile che nostro figlio diventi un bravo chirurgo che si è divertito e magari ancora si diverte a giocare a calcio.

Concludo la considerazione con le parole di Bedin: “il calcio è un pessimo padrone, ma un ottimo servitore”, ci permette di apprendere cose che ci saranno utili nella vita, ma non deve mai avere la prevalenza.

Un certo rammarico nel vedere come nelle occasioni di formazione i nostri istruttori – intendo quelli del territorio del Centro Federale di Montichiari – spicchino per la loro assenza: non so se sia preferibile pensare ad un’invincibile forma di pigrizia di categoria, che li allontana da tutto ciò che non sia l’allenamento della loro squadra, o se siano convinti di non aver più niente da imparare e, tristemente, di non poter migliorare.