Tango, Samba e Beat: pagine scelte

TI RICORDI, BAGGIO, QUEL RIGORE? di Darwin Pastorin

Ti ricordi Baggio

Ti ricordi Baggio

Il libro non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato, non fosse altro che per l’inconsueta forma epistolare (sempre un’invenzione raffinata e forse unica nella letteratura sportiva) e per il fatto che l’autore scrive sempre in punta di penna.

Il perché della scelta di Baggio è piuttosto immediato, Pastorin del calcio non narra mai di superuomini, tutti record e regole ferree, ma di uomini che accostiamo al gioco per le qualità personali, quelle che ce li fanno anche sentire vicini, non escluse le loro debolezze, o meglio, i loro lati più umani: non sono pagine di numeri e di schemi, ma della storia, della natura e dell’anima del calcio.
L’inizio della singolare lettera ci riporta a undici metri dalla porta del Brasile, nella finale del Campionato del Mondo del 1994: Roberto Baggio non rimarrà nella memoria degli appassionati di calcio per quell’episodio, ma per tutta una carriera stellare e contro corrente.
Quell’episodio è invece solo il pretesto dell’autore per raccontarci dei propri mondiali: quelli del ragazzo che, solo in tutta Torino, festeggiava il Brasile inarrivabile del 1970, la squadra che giocava con cinque numeri 10 in campo insieme, come quelli da inviato speciale che ha libero accesso nei ritiri blindati dei campioni o che fa il pendolare tra uno stadio e l’altro.

La padronanza di Pastorin degli argomenti non è mai in discussione, il suo amore per il calcio traspare da ogni riga di parole e la sua prosa è morbida, rotonda come un pallone.
Il libro è Samba!

“Ci volevano l’emozione e il dolore e l’attesa e l’angoscia dei rigori per rendere viva la più brutta finale di un mondiale di calcio.”

 “Il primo approccio con il calcio: la maglietta del Palmeiras, la squadra che un tempo si chiamava Palestra Italia, le partitelle sulla strada, l’eco della prima Coppa Rimet – così si chiamava allora la Coppa del Mondo – vinta dal Brasile nel 1958 in Svezia.”

 “…Giovanni Arpino è stato uno dei miei maestri. Con Vladimiro Caminiti, inviato speciale di Tuttosport, mi ha insegnato a fare del giornalismo sportivo un giornalismo di sentimenti, di buone letture. Mi dicevano: Comincia la partita dal verde del prato e dall’azzurro del cielo.”

 “Alla fine ci misero tutti in fila. Presero soltanto uno di noi: il figlio di Cinesinho, campione con la Juventus nel 1967, ex centrocampista del Palmeiras. E lì, proprio lì, al campo Combi dove giocarono Sivori e Charles, Platini e Boniek, Castano e Leoncini, capii che nella mia vita, come nella vita di tutti, ci sarebbe sempre stato un qualche figlio di qualcuno a rovinarmi la festa.”


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