Tango, Samba e Beat: pagine scelte

L'ULTIMA PARATA DI MOACYR BARBOSA di Darwin Pastorin

Lultima parata di Moacyr Barbosa

Una perla, un libro da leggere tutto d’un fiato, dalla dedica, che è un omaggio all’irraggiungibile Osvaldo Soriano:“A tutti i ribelli, sognatori e fuggitivi, agli aquiloni di mio figlio Santiago”
…alla terza di copertina:
Darwin Pastorin, classe 1955, nato a San Paolo del Brasile, figlio di emigranti veronesi, è un giornalista sportivo con il vizio della letteratura...”

Per tracciare meglio il profilo dell’autore, bisognerebbe citare i tanti libri che ha scritto, i tanti giornali per i quali collabora e le trasmissioni televisive che ha condotto, senza dimenticare l’attività di docente universitario di Sociologia della Cultura Sportiva.
Altro? Ce ne sarebbe, ma è già sufficiente.
L’ultima parata di Moacyr Barbosa: Samba, quindi, di gran qualità, dei più gioiosi e dei più drammatici al tempo stesso, come solo il Brasile può offrire.

La vicenda: Coppa Rimet del 1950, si gioca in Brasile, a Rio de Janeiro, l’ultima partita del girone, secondo una formula che non prevedeva una finale, ma il caso ha voluto farne la finale.
Per quasi tutti solo una formalità, la mattina del 16 luglio tutti i quotidiani nazionali escono già con la celebrazione del Brasile campione del mondo, non è dato per possibile un altro epilogo, lo splendido stadio Municipal, noto in seguito come Maracanã, inaugurato appena un mese prima, duecentoventimila spettatori convenuti solo per essere testimoni di un evento già scritto, di uno spettacolo con un programma da rispettare nei dettagli, solo per festeggiare, ballando e cantando tra suoni e colori; poi c’è l’Uruguay, già vincitore della prima edizione della Coppa Rimet, squadra di grandi talenti, ma nell’immaginario del popolo brasiliano il piccolo Uruguay , il comprimario ideale nell’apoteosi già preparata.
In seguito a quella partita in Brasile si verificò la più alta ondata di suicidi della storia e un campione, un grande campione di umanità, morì di depressione cinquant’anni prima di morire.

…”Perché il Brasile non poteva far altro che vincere: noi i fantasisti del futebol, noi i predestinati. Tutta la nazione non aspettava altro che fare festa. Una festa interminabile, colorata. Giorni e giorni di allegria. L’allegria più sfrenata.”…

…”Tu, Moacyr, chinasti il capo per la prima volta nella tua vita. Tu, primo portiere nero della Nazionale brasiliana, avevi subito mille offese, “negro!” ti urlavano con disprezzo: ma mai avevi abbassato la testa. Nemmeno quando, nel 1940, un barbiere di Porto Alegre ti schiumò in faccia: “Vattene, qui non serviamo i negri”. Tu, semplicemente, lo guardasti fisso negli occhi. Sorridendo, sì sorridendo. E fu lui ad arrossire.”…


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