Tango, Samba e Beat: pagine scelte

LETTERA A BEARZOT di Darwin Pastorin

Un nuovo libro di Darwin Pastorin è sempre il benvenuto.Lettera a Bearzot

Lettera a Bearzot

Lettera a Bearzot è fresco di stampa, in un’edizione di gran qualità, pregiata la carta, rilegatura destinata a sfidare il tempo, elegante la copertina, illustrata con un acquerello della giovane artista Martina Ponente, tratto da una famosa fotografia di Duncan Raban: l’attenzione riservata per confezionarlo per un bibliofilo rende il libro un piacere anche solo averlo tra le mani, ancora prima di sfogliarlo.

Il sottotitolo toglie ogni eventuale residua resistenza alla lettura: Il Vecio, Pablito, il Mundial ’82 e altri incantesimi.  

La via della “lettera”, già praticata con successo in altre opere, è molto congeniale a Pastorin e in questo caso ci risulta particolarmente coinvolgente, perché le pagine arrivano senza ombra di dubbio dal cuore, pagine di amicizia, di sport, di stima e di amore; pagine senza la ricerca della frase a effetto o della sensazione della notizia, scritte con quel garbo che è difficile trovare nella letteratura sportiva contemporanea.

Il diario personale e la cronaca degli avvenimenti attraversano le vicende di un periodo di 64 anni, alternandosi con brusche puntate in avanti nel tempo, per tornare a scivolare indietro con sorprendente naturalezza tra i protagonisti del nostro gioco, tra Italia e Brasile.

Sconsiglio il lettore di cercare qui i numeri delle statistiche di squadre o calciatori, ma chi invece desiderasse avvicinarsi alle persone e vivere l’atmosfera che solo Arpino in Azzurro Tenebra aveva potuto dipingere, non ha che da cominciare a leggere.

Il lessico, come sempre ricco e mai banale, lo stile pulito, unitamente al tono pacato e confidenziale e alla formula della lettera, rendono il libro particolarmente consigliato ai lettori più giovani, che non hanno la nostra fortuna di avere ricordi personali delle vicende, ma che possono ancora viverle attraverso il racconto.

Questo, naturalmente, è Samba.

 

Tu sei stato uno dei miei punti di riferimento: una persona sincera, dalla schiena dritta, un Don Chisciotte che non ha mai smesso di seguire i propri ideali e i propri sogni.

 Ma due giocatori mi colpiscono, non soltanto per il loro talento, ma per le loro radicali scelte personali. Il primo si chiama Sócrates, alto, magro, con la barba, laureato in Medicina: uno che in America Latina, il continente “desaparecido”, negli stadi, nelle interviste, con ardore e determinazione, perché anche in Brasile c’è la dittatura, parla di Marxismo, di una società divisa in classi, dei poveri da liberare…

Ho cominciato a scrivere questa storia, tra realtà e suggestioni, una quindicina di anni fa, recuperando, come in un lampo, immagini e parole, soprattutto momenti rimasti racchiusi, così a lungo, in un angolo della mia mente, cucendoli con nuove consapevolezze.

Rimpiango il calcio dove la libertà e la poesia erano caratteristiche essenziali del gioco. Oggi spesso gli interessi prendono il sopravvento. Si pensa meno al gruppo e ai compagni.

Prendo posto vicino a Marco Bernardini, Vladimiro Caminiti, e Fulvio Bianchi. Più in là, ecco i mostri sacri della scrittura: Arpino, Brera, Del Buono, Soldati. L’arbitro israeliano Klein fischia l’inizio della partita e del vostro mito.

…sei diventato un modello da seguire, un esempio per chi ha deciso di percorrere un cammino fino in fondo, con caparbietà, sicuro di giungere alla meta, malgrado gli ostacoli, indifferente alla rabbia, agli anatemi, al sarcasmo. 


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